Resti mummificati di un alpinista morto nel 1959, ritrovato nel 2015 sul Pico de Orizaba, in Messico. Source: dailymail.co.uk |
I ghiacciai ricoprono estese superfici in ogni continente, eccetto l'Australia. Sciogliendosi, essi fanno tornare gradualmente alla luce elementi di valore archeologico o medico-legale, che sono rimasti nascosti e intrappolati nel ghiaccio per decine, centinaia, o migliaia di anni. Lo scioglimento dei ghiacciai è diventato notevolmente più importante e veloce per via dei cambiamenti climatici e del surriscaldamento globale; di conseguenza, i ritrovamenti occasionali di oggetti o resti umani archeologici/forensi sono aumentati, portando rinnovato interesse all'Archeologia Glaciale.
Gli ambienti freddi o gelidi hanno il potenziale di alterare ciò che vi è sepolto (persone e cose). Vi sono molte ricerche a proposito delle conseguenze che un ambiente freddo ha sui resti umani e animali; tuttavia, un ambiente di tipo glaciale è unico e dinamico, tanto da poter alterare significativamente i resti al di là delle tipiche conseguenze causate dalle temperature fredde o dal congelamento.
Solitamente, le conseguenze principali osservabili su resti ossei sepolti e ritrovati in un ambiente glaciale sono: movimento e quindi dispersione dei resti, alterazione dei margini ossei, rottura, estesa conservazione dei tessuti molli, e formazione di adipocera.
I ghiacciai erodono, trasportano e depositano altrove i materiali che incontrano. Quando i ghiacciai si muovono, essi tendono ad erodere i materiali che trovano sul loro percorso. Lo strato inferiore di un ghiacciaio è pieno di detriti, il che gli permette di abradere le superfici che stanno al di sotto. Attraverso questo processo di erosione, sulla roccia sottostante si formano strie o solchi glaciali. Viste le loro dimensioni, i ghiacciai possono trasportare una gran quantità di materiali, che possono costituire il cosiddetto carico sopraglaciale, se sono al di sopra del ghiacciaio, carico englaciale, se congelati all'interno del ghiacciaio, o subglaciale, se si trovano al di sotto del ghiacciaio. Infine, i materiali possono essere depositati anche al termine di un ghiacciaio, direttamente dal ghiaccio o dall'acqua derivata dal ghiaccio in scioglimento.
I movimenti glaciali, sia attraverso deformazioni interne che per via dello scivolamento basale, possono spostare i resti umani dal loro originale luogo di deposizione. Inoltre, quando i resti vengono ri-esposti alla superficie, essi sono sottoposti ad ulteriori spostamenti da parte di molte altre forze che possono agire al di sopra di un ghiacciaio. L'effetto del movimento glaciale sui resti dipende largamente da dove i resti sono depositati. Se ad esempio i resti si trovano nella zona di ablazione (ovvero di perdita di ghiaccio per evaporazione, distacco, fusione o sublimazione), essi verranno sepolti nel manto nevoso stagionale, saranno esposti all'aria durante ogni stagione di scioglimento, e verranno intanto trasportati verso la parte più frontale del ghiacciaio. Di conseguenza, i resti verranno sottoposti a grandi fluttuazioni di temperatura e a ripetuti cicli di congelamento e scongelamento. Se invece i resti vengono depositati nell'area di accumulo del ghiacciaio, essi saranno velocemente sepolti e isolati da ogni influenza atmosferica. In ogni caso, più in alto nel ghiacciaio si origina la traiettoria dei resti, più a lungo questi rimarranno sepolti. Quando la traiettoria è lunga, i resti vengono sepolti a grandi profondità, e ciò li espone ad un'alta pressione e a stress, che ne incrementano la dispersione e la possibile alterazione.
Siccome il movimento glaciale coinvolge ghiaccio, carico glaciale e roccia circostante, i resti possono venire in contatto con ognuno di questi elementi, che hanno il potenziale di abradere, rompere, smussare, spezzare, scheggiare o polverizzare il materiale scheletrico.
Vi sono inoltre fattori intrinseci al ghiacciaio, come temperatura, cicli di congelamento-scongelamento, e processi di deposizione. Innanzitutto, le basse temperature possono influenzare la decomposizione. I resti congelati si decompongono dall'esterno all'interno, al contrario dei resti non congelati che si decompongono dall'interno all'esterno. A temperature molto basse, i microrganismi interni al corpo vengono uccisi, o la loro crescita è fortemente rallentata durante il processo di congelamento; questo fa sì che la parte esterna del corpo venga esposta per prima quando il corpo inizia a scongelarsi. Le basse temperature oltre a rallentare la riproduzione batterica, e a impedire o ritardare quindi il processo di decadimento, possono preservare i tessuti molli (si pensi a Otzi, alle mummie Siberiane, a quelle Peruviane, o ai resti di mammut perfettamente conservati ritrovati in Russia).
Oltre a condizionare decomposizione e conservazione, le temperature fredde possono alterare lo stesso materiale scheletrico. Una matrice ossea bagnata che si sta congelando solitamente si espande per più del 9%, per via della formazione di cristalli di ghiaccio. L'analisi istologica di ossa umane congelate ha mostrato infatti microfratture nei canali di Havers che sono correlate al processo di congelamento e all'espansione liquida; l'osso congelato mostra anche fratture di superficie. I resti che vengono periodicamente esposti e ricoperti vengono inoltre sottoposti a screpolature, desquamazione, incuneamento, per via del continuo ciclo di congelamento e scongelamento, che causa anche una disarticolazione più veloce, la quale porta di conseguenza ad una estesa dispersione dei resti. La presenza di eventuali traumi peri-mortem può portare ad un ulteriore spargimento dei resti ossei, perché questi ultimi presenterebbero delle fratture già prima dell'esposizione.
Le ossa ritrovate in un contesto glaciale possono avere i margini alterati, per via del carico glaciale che può tranciare, abradere, e rompere ogni materiale che si trovi al suo interno. L'osso corticale può essere logorato o frantumato, e l'osso trabecolare viene così esposto. In prossimità dei margini di frattura, l'osso corticale potrebbe presentare abrasioni e graffi.
Epifisi di 4 ossa lunghe, che mostrano abrasione e frantumazione dell'osso corticale ed esposizione dell'osso trabecolare. Source: Pilloud et al., 2016 |
Alcune di queste alterazioni subite dalle ossa, in particolare lo schiacciamento e la frantumazione delle estremità delle ossa lunghe, possono ricordare quelle causate dagli animali carnivori. Tuttavia, i cambiamenti tafonomici caratteristici di un ambiente glaciale possono essere distinti da quelli derivati dallo scavenging animale. I resti ossei modificati da uno o più animali carnivori tendono ad avere cavità, perforazioni, marcature, e solchi; queste lesioni hanno margini irregolari e smussati, e sono di intensità variabile a seconda che si trovino all'interno o all'esterno dell'osso. Per contrasto, le lesioni causate da un ambiente glaciale tendono ad essere più regolari, e non presentano cavità, perforazioni e marcature/solchi dovuti ai denti o agli artigli.
Ovviamente lesioni causate da animali carnivori e cambiamenti dovuti alla deposizione in ambiente glaciale possono convivere sugli stessi resti. Per una corretta comprensione dei cambiamenti o delle lesioni post-mortem, è quindi importante valutare per quanto tempo i resti sono rimasti esposti, l'eventuale accesso animale ad essi (conoscere la fauna locale), e l'aspetto delle lesioni.
Come già accennato, i resti umani e animali ritrovati in un ambiente glaciale mostrano generalmente condizioni di conservazione eccellenti. Le temperature molto basse infatti fermano o ritardano la crescita batterica, portando ad un'estensiva preservazione del tessuto molle per via di una decomposizione ritardata o interrotta. Le ossa possono sembrare fresche, per la presenza di midollo e per la ritenzione di un residuo grasso; anche il tessuto muscolare, i legamenti, i tendini e la pelle possono preservarsi molto bene.
Gamba e piede destro estremamente ben conservati. Source: Pilloud et al., 2016 |
L'eventuale presenza di adipocera è legata alla presenza di acqua o forte umidità, associata al freddo:
Estremità distale di un radio sinistro, con adipocera e tessuto molle ancora presente. Source: Pilloud et al., 2016 |
Solitamente, i resti che presentano un'eccellente conservazione dei tessuti molli potrebbero essersi congelati all'interno del ghiacciaio, quelli essiccati suggeriscono una diretta esposizione alla luce del sole, mentre quelli che presentano adipocera è possibile siano rimasti in acqua o nella neve sciolta per un lungo periodo. Tutte queste condizioni potrebbero anche presentarsi all'interno di un singolo sito, in base alla distribuzione dei resti nello spazio glaciale e quindi al micro-ambiente formatosi attorno ad essi.
La decomposizione ritardata o interrotta può far sì che l'osso mantenga le sue proprietà meccaniche peri-mortem, e questo significa che quelle che sono fratture post-mortem potrebbero essere scambiate per peri-mortem, perché i margini e l'aspetto delle fratture saranno quelli di un osso fresco. Per questo è importante che un antropologo conosca bene le conseguenze che determinati ambienti e condizioni climatiche hanno sui resti umani. Nel caso specifico dei ghiacciai, i processi tafonomici possono essere molto meglio compresi se si conosce bene la dinamica del movimento dei ghiacci, del carico glaciale, e delle caratteristiche degli stessi ghiacciai.
I ghiacciai potrebbero essere anche considerati luoghi remoti, ma per via del riscaldamento globale si stanno ritirando più velocemente e in modo massiccio, di conseguenza moltissimi materiali di interesse archeologico e antropologico stanno ritornando alla luce. I resti umani scoperti possono avere sia valenza archeologica (si pensi alle tante mummie scoperte tra i ghiacci) che forense; a questa categoria appartengono i corpi di individui deceduti in incidenti aerei, o in circostanze sconosciute, e anche quelli di caduti di guerra, i cui ritrovamenti si stanno facendo sempre più frequenti (Spinney, 2014).
Fonti
- Barry, R.G., 2006. The status of research on glaciers and global glacier recession: a review. Progress in Physical Geography, 30: 285-306
- Bunch, A.W., 2009. The Impact of Cold Climate on the Decomposition Process. Journal of Forensic Identification, 59: 26-44
- Dixon, E.J., Callanan, M.E., Hafner, A., Hare, P.G., 2014. The emergence of glacial archaeology. Journal of Glacial Archaeology, 1: 1-9
- Micozzi, M.S., 1986. Experimental study of postmortem changes under field conditions: effects of freezing, thawing, and mechanical injury. Journal of Forensic Sciences, 31: 953-961
- Pilloud, M.A., Megyesi, M.S., Truffer, M., Congram, D., 2016. The taphonomy of human remains in a glacial environment. Forensic Science International, 261: 161.e1-161.e8
- Spinney, L., 2014. Melting glaciers in northern Italy reveal corpses of WWI soldiers. The Telegraph, 14 Gennaio 2014
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